CRISI: CLIMA DA CAMPAGNA ELETTORALE CHE NON RISOLVE I PROBLEMI DEL PAESE

ImmagineMa siamo proprio sicuri che ci sia la crisi? Che la nave stia colando a picco? A guardar bene i comportamenti di quasi tutti i giocatori in campo parrebbe di no. Niente di nuovo all’orizzonte. Tutto come al solito nella ricerca di visibilità da campagna elettorale. Nella maggioranza Bossi al solito prova a scavalcare, secondo il caso, a sinistra o a destra il capo del governo. Lui, Berlusconi, annuncia il rituale incontro con il Senatùr dove tutto andrà a posto. E dichiara che la maggioranza si ricompatterà a dispetto delle posizioni catastrofistiche dell’opposizione. Dalla parte opposta gli strali della minoranza sembrano più o meno i consueti. C’è poi la Cgil che senza batter ciglio proclama lo sciopero generale, che poi tanto generale non è essendo voluto da una sola componente dello schieramento sindacale. Ed il suo leader, Susanna Camusso, nella conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, discetta sulla “non preventività” dello sciopero medesimo e sul ruolo storico – meglio di guida – della sua organizzazione. Mentre l’irriducibile “movimentista”, Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil, definisce Bonanni ed Angeletti sottosegretari di fatto del governo del Cavaliere. Scordandosi la storia dei giapponesi che rintanati nella giungla, a distanza di anni dalla fine del conflitto, erano ancora convinti di essere in piena guerra. Ma forse la lotta ad oltranza, senza se e senza ma, conviene quando c’è da fare scelte difficili. Quando il confronto con l’altra parte, nell’interesse dei lavoratori, non è cosa semplice perché significa sporcarsi le mani, compromettersi. Meglio rimanere nella “giungla” delle parole d’ordine e dei nemici di classe. Ed alla fine, comunque siano andate le cose, trovare sempre negli altri i capi espiatori.

Che la casa stia bruciando è fuor di dubbio. Che non c’è più tempo per traccheggiamenti e filosofie da eterna campagna elettorale lo è altrettanto. Certo, ognuno ha le sue posizioni ed interessi legittimi da tutelare, ma rivendicandoli ad oltranza, senza arrivare ad una possibile ed assolutamente necessaria mediazione, si fa un danno serio ed irreversibile al Paese.

Pare che un po’ tutti abbiano dimenticato il clima di paura che l’andamento dei mercati, solo due settimane fa, aveva provocato. Il ritornello che la maggioranza va ripetendo è sull’invariabilità del risultato finale della manovra: il saldo dovrà rimanere invariato. E certo che non può essere che così, tenuto conto che il massiccio acquisto di titoli di stato italiani da parte della Banca europea era soprattutto il frutto della manovra di risanamento ipotizzata dall’Italia.

Fa riflettere, comunque, il comportamento della maggioranza che di fronte alle proteste, interne ed esterne, dei comuni, delle province e via dicendo fa marcia indietro ipotizzando tasse che vanno a colpire e, soprattutto, a deprimere tutto il sistema. I cambiamenti sono sempre dolorosi, ma devono essere finalizzati non solo all’assestamento momentaneo, ma anche al ridisegno di situazioni non più sostenibili. Insomma, far cassa con provvedimenti spot serve a mettere la pezza per tamponare, ma non per prevedere e contribuire alla costruzione del futuro.

Un tema che andava decisamente affrontato – e su cui ci dovevano essere provvedimenti seri, non all’acqua di rose – nel dibattito sulla manovra era quello dei costi della politica. Via internet circolano varie liste che elencano con minuzia di particolari i benefici che i nostri rappresentanti portano a casa. C’è indignazione nell’opinione pubblica. Un qualcosa di pericoloso che sta montando e che allarga sempre di più la forbice tra la società civile e la politica. Non si possono chiedere sacrifici quando nell’immaginario collettivo – spesso in modo sbagliato – c’è una “razza padrona” fatta dai politici il cui unico obiettivo è stare a galla per arricchirsi. E’ nei momenti di difficoltà che bisogna dare segni di cambiamento. Sembra che uno dei pochi che abbia capito la pericolosità del momento sia il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non solo perché ripete con convinzione che c’è il bisogno di un clima di coesione nazionale per affrontare il brutto momento che stiamo vivendo, ma perché fa seguire alle parole i fatti. E’ significativo ed emblematico il taglio sostanzioso al budget della presidenza della Repubblica che Napolitano, senza alcuna sollecitazione popolare o parlamentare, ha praticato. Insomma, l’esempio è un metodo pedagogico attivo che funziona sempre. Se proprio si vuole utilizzare la manovra anti crisi per fare “campagna elettorale” si usi (non in termini teorici, ma praticamente) un argomento sensibile alla pubblica opinione come quello dei tagli alla politica ed ai suoi attori. Sarà un successone.

A Cura di Elia Fiorillo