Breve storia del bootleg

booyNei mercatini, alle fiere del disco o in giro per la rete, cercando registrazioni live dell’artista di turno avete mai incontrato la parola “bootleg”? Credo di si, ma forse non se ne conosce l’esatto significato..

Proviene da “Bootlegging” che identificava il contrabbando di alcolici, nell’era del proibizionismo, dove appunto le bottiglie venivano nascoste nelle gambe degli stivali ( boots ), il bootleg appunto è una copia “pirata”di un esibizione live o in studio, non riconosciuta dall’artista né dalla casa discografica di appartenenza, stampato su un supporto, e distribuito tra fans e amici ed in seguito come business commerciale distribuito da “contrabbandieri”.

Il primo bootleg ( 1969 ) di cui si riconosca la leggenda, è una raccolta di registrazioni di Bob Dylan risalenti al 1961, più varie riprese in studio, e sette brani dalle sessioni Basement Tapes, tutti sotto il nome di “The Great White Wonder”’dovuto al fatto che la copertina è semplicemente bianca. I nastri che componevano questa release erano in circolazione tra i collezionisti per qualche tempo, e fu la delusione per un album di Dylan (‘Nashville Skyline’) che due dei suoi fans ( impiegati in uno studio di registrazione ) sapendo che il Basement Tapes conteneva l’anello mancante tra ‘Blonde On Blonde’ e ‘John Wesley Harding’ li portò a produrre le copie in vinile per proprio uso e consumo e che poi vennero distribuite a scopo di business.Copie che si trovano ancora in circolazione ed abbastanza valutate ( stampate su Columbine Records ).
I due tali Dub e Ken dopo il successo inaspettato hanno continuato più di chiunque altro a stampare e distribuire bootleg con l’ormai famoso marchio “Trade Mark of Quality Label”!

Un business molto lucroso, è nato anche in UK

subito dopo, con una registrazione dal vivo di Jimi Hendrix alla Albert Hall.

Ci sono voluti altri 6 anni prima che “The Basement Tapes” fossero ufficialmente stampati, solo però contenente una selezione dal doppio bootleg, lasciando fuori molti dei brani registrati durante le sedute in studio. Lo stesso Dylan ha ammesso che questa versione non avrebbe avuto molto successo se non fosse stato per il bootleg.

Questo ha rappresentato un modello per il modo in cui le case discografiche hanno continuato a funzionare quando si tratta di stampare materiale raro. Il divario è sempre stato colmato dai bootleggers.

Negli anni ’70 il “contrabbando” è diventato più professionale, anche se molti dischi venivano immessi sul mercato con copertine fotocopiate.

L’emergere in Europa di “etichette” come la “Swingin’ Pig” più tardi, vide la luce delle edizioni limitate, il vinile colorato e soprattutto le registrazioni di qualità sempre migliore.

Le video cassette hanno portato ad una nuova era nel bootlegging, erano più facili da fare, più trasportabili e potevano essere vendute a buon mercato. Nelle fiere del disco di tutto il mondo si potevano trovare ogni tipo di registrazioni pirata di tutte le bands e gli artisti possibili e molti venditori permettevano l’ascolto della registrazione prima che ovviamente ne veniva fatta una copia per l’acquirente, facendogli testare la qualità del suono. Insomma venne sù una fiorente industria che per ottenere la registrazione in quasi tutti i concerti veniva messo su uno studio fatto apposta. Glastonbury e altri grandi festival aveva bancarelle dove si potevano comprare le registrazioni delle bands che aveva suonato solo poche ore prima! Non è stato che fino ai primi anni ’90 che queste bancarelle sono state chiuse e il bootleg rifiutato…

Tecnologia, cd e download hanno cambiato il volto della storia, il bootlegging viaggia ancora in quella via centrale dove non si sa se legale o meno, anche perché alcuni artisti, tipo Pearl jam, offrono ai concerti le registrazioni del live, e non si è ancora capito se questo “hobby” che è nato per fans e collezionisti sia davvero un danno per l’artista o invece il contrario.Ascolta

Trascrizione fonetica

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A cura di Antonio Elia

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