A Napoli, rivendita di biglietti Unicocampania usati: truffa, protesta o metodo di sopravvivenza urbana?

manoI “metodi urbani non ortodossi” di Napoli sono ormai noti alla maggioranza delle persone, così come ne sono sempre stati folkloristici il calore e l’esuberanza, fino a travalicare confini nazionali e internazionali. Ma a questi datati stereotipi , più o meno corretti che siano, vanno ad aggiungersi comportamenti e “accunciamienti” al limite dell’incredibile: i napoletani hanno risposto infatti al recente rincaro dei biglietti Unicocampania con un sistema antico e diffuso, ovvero rivendendo i loro “usati”, a metà prezzo circa. Legalmente si parla di truffa, in quanto il biglietto, una volta obliterato, non è cedibile; ma a mio giudizio, più che il risultato finale (ovvero la truffa), andrebbero indagate le cause che hanno spinto alcuni cittadini ad ordirla. Una delle cause principali è sicuramente lo spreco: pagare un euro e venti per un biglietto valido 90 minuti, ed utilizzarlo effettivamente per una sola corsa, è davvero un dispendio che appare tristemente inutile, soprattutto per chi, soprattutto di questi tempi, soldi da buttare non ne ha (e non sono pochi). Un’altra probabile causa è ovviamente il (duplice) guadagno: è il caso di coloro che chiedono i biglietti usati all’uscita delle metropolitane, per poi rivenderli all’ingresso; il guadagno è duplice poiché, se è vero che i soldi li intasca il “rivenditore”, è anche vero che il compratore, non apprezzando il dover pagare quel prezzo magari per 5 minuti in metropolitana, vede una mano tesa in suo favore.
Ma l’ultima ragione, che considero anche essere la più importante, è di protesta e malcontento verso lo stato dei servizi (o meglio, quello dei disservizi) dei trasporti napoletani. Oltre al fatto che, rispetto alle metro di altre città, straniere e non (prendiamo ad esempio Milano e Madrid, le cui metropolitane chiudono verso l’una e mezza/le due di notte), quelle di Napoli chiudono molto prima, intorno alle 23; per non parlare delle funicolari, che spesso chiudono alle 22. Ovviamente non calcolando che nelle ferrovie sotterranee spagnole (ma è solo un esempio tra gli altri) le corse sono puntuali, precise, frequenti. I treni passano circa ogni due, massimo tre minuti; ci si scusa per “il disagio” se ne sono richiesti cinque. Le condizioni delle vetture (recenti, e non cadenti a pezzi, alcune anche dotate di aria condizionata) sono pressoché perfette; esse sono pulite, immacolate, e le linee coprono bene tutta la città. Il biglietto costa un euro a corsa (esistono comunque biglietti “ricaricabili” e carnet con incluso un tot di corse a prezzi molto competitivi. Ma, oltre alla qualità del servizio, il problema principale di questo “terzo punto” è un altro: lo stato (vedi anche: assoluta mancanza) di sorveglianza utile. Tralasciando i controllori, ligi nel controllare il biglietto, molto meno nel contenere comportamenti scorretti all’interno dei servizi pubblici, metropolitane, funicolari e tutti i trasporti pubblici sono ormai preda di baby gang composte, come si evince dalla dicitura stessa, per la maggior parte da ragazzi tra i 14 ed i 18 anni, che agiscono come meglio credono, rassicurati dalla costante presenza di fidati coltellini a serramanico. A tal proposito si è espresso con rabbia Luca Pepe, giornalista e segretario del movimento meridionalista ed antimafia Insieme per la Rinascita, che racconta di aver denunciato la presenza di ragazzini del suddetto tipo, che avevano colonizzato la cumana di Montesanto e trasformato un normale tragitto in mezzo pubblico in uno spettacolo di pessimo gusto, tra schiamazzi, urla e canti neomelodici, ai funzionari dell’ANM; le uniche reazioni riscontrate sono state inizialmente indifferenza e sbrigatività, poi soprattutto timore e impotenza. “Ci fa piacere che la stampa possa evidenziare la situazione disumana in cui lavorano i nostri funzionari; qualche giorno fa alcuni di noi sono stati malmenati: non ce la facciamo più”, confessa Paolo Fulgieri, uno dei capiservizio della funicolare di Via Morghen, “Qui comandano le baby gang”. Insomma, credo di parlare a nome dei napoletani, dicendo che se questo aumento sarà giustificato da un notevole aumento della qualità dei servizi, allora ben venga; nel frattempo, considerato tutto ciò che è stato esposto, forse considerabile come una sorta di apologia, ma più probabilmente semplicemente come una raccolta di fatti concreti, è davvero difficile condannare (seppur solo moralmente) quest’azione, ennesimo metodo inconsueto (come, d’altra parte, non è convenzionale la situazione generale della città) di sopravvivenza e ribellione urbana da parte dei cittadini napoletani.

Germana de Angelis