Victoria’s Secret: la rivoluzione dell’abbigliamento

a cura di Alessia Viviano

SAN FRANCISCO| Era il 1977 quando due coniugi, Roy Raymond e sua moglie Gaye, furono illuminati da quella che fu moda 1l’idea più raggiante che potessero avere, l’intuizione che li avrebbe successivamente portati ad un consolidato e brillante successo nel campo dell’abbigliamento femminile, a livello mondiale.

Ci troviamo nell’era in cui l’America proponeva sul mercato vestiti dall’anima fin troppo casta, stereotipata. Un abbigliamento, quello femminile, evidentemente residuo dell’onda  “hippye” che da anni investiva il continente americano e non.

Del resto risultava incredibilmente facile riconoscere il fenomeno in tutti i suoi settori, con particolare attenzione per l’abbigliamento: vi erano capi  dalle lunghezze esagerate, dai colori intensi, eccentrici, fin troppo vivi, dalle stampe geometriche, e soprattutto floreali. L’intensità d’impatto della cultura hipster, iniziata proprio in un famoso distretto della San Francisco-Beat Generationiana, l’Haight-Ashbury , si era così eccezionalmente integrata ed addentrata nell’animo di molte giovani americane che sembrava difficile realizzare un distacco dalla stessa, se moda 2nonattraverso un gap di stile.

Tutto iniziò quando Roy Raymond otto anni prima si recò in svariati magazzini alla ricerca del capo di lingerie perfetto per la moglie; purtroppo si ritrovò di fronte a scaffali del tutto deludenti sotto tutti i punti vista: camicie da notte larghissime, che non risaltavano minimamente le forme sinuose di una donna, stampe caotiche, accappatoi in spugna, intimi floreali. Insomma vi si offriva di tutto fuorchè l’espressione di un capo sexy, d’appeal. Fu in tal modo che Raymond trovò l’ispirazione per introdurre un nuovo stile che di lì a qualche anno avrebbe rivoluzionato il trend di quegli anni e che avrebbe attirato uomini e donne non solo americani, ma da tutti gli angoli del mondo.

La chiave del suo famigerato successo però risiedeva nel fatto che prima di realizzare in concreto l’apertura del marchio “Victoria’s Secret” , vi fu da parte di Raymond  uno scrupoloso studio del mercato della lingerie degli anni ’70, teso ad analizzare quindi tutti gli svantaggi e le standardizzazioni di moda 3modelli poco esaltanti del corpo femminile e maschile. Convinto di voler rivoluzionare vecchi schemi che da anni intrappolavano i giovani in una sorta di circuito chiuso, un tunnel di tendenze ormai prevedibili e prive di ogni  innovazione, Raymond intraprese il suo progetto facendosi prestare 40 mila dollari dai suoi genitori e altrettanti 40 mila da una banca, aprendo cosi il suo primo negozio presso la Stanford Shopping Center.

La prima apertura diede vita ad un incasso di ben 500 mila dollari , utili a finanziare altri quattro punti vendita. Nel 1982 Raymond decise di vendere la società (all’imprenditore Sir Wexner), che intanto aveva fornito ottimi risultati: si parlava di ben 6 milioni di dollari, grazie anche ai già numerosi punti vendita ed ad un’ottima campagna pubblicitaria.

Nel 1983, Wexner decise di scartare la linea maschile. La sua idea era quella di concentrare l’attenzione esclusivamente al mondo femminile, indirizzando la sua azienda inizialmente verso il reparto “lingerie”. Grazie alla proposta di nuovi modelli ispirati allo stesso nome del marchio “Victoria’s Secret” – in riferimento allo stile della regina Vittoria – , Wexner manda l’azienda in cima alle moda 4vendite, riproponendo capi intimi attillati con dettagli integralmente vittoriani,  caratterizzati da corpetti dalle rigide stecche (bustle skirt), dai colori tenui, dall’uso accentuato di merletti e della crinolina (una struttura composta all’inizio da cerchi concentrici in stoffa di crine inamidata ed in seguito metallici che sosteneva le pesanti e vaporose gonne a balze dei vestiti del primo 800), nonché delle maniche gigot, pizzi e volant. Tutti questi dettagli contribuiscono a dare un aspetto più stravagante e sofisticato alla nuova donna “peccaminosa” caratterizzante gli anni ’90.

L’intraprendente utilizzo di stoffe dal tatto e dai colori speciali, i tagli rigorosi ed accentuati, la vestibilità succinta  contribuirono ad incrementare il numero di negozi, arrivando cosi a 346.

Il successo fu cosi intenso che Wexner ne approfittò per ampliare l’offerta dei prodotti, estendendo la sua azienda ed offrendo un’ampia gamma di beni per la cosmesi (profumi), costumi, maglieria, calzature, pelletteria, prodotti di bellezza e make up.

moda 5Nel 2012 Victoria’s Secret ha un fatturato di 4.6 miliardi di dollari e rappresenta il 40% del fatturato della Limited Brands. Quella di Wexner è una moda rappresentata dagli “Angeli peccaminosi”: stiamo parlando delle meravigliose modelle che supportano il brand, come ad esempio Alessandra Ambrosio, Adriana Lima, Heidi Klum, Doutzen Kroes, Candice Swanepoel, Miranda Kerr e tante altre.                                    L’apice della company arrivò nel 1999, quando si decise di allestire un vero e proprio spettacolo “Victoria’s Secret Fashion Show” che totalizzò 1,5 milioni di spettatori. Non era una semplice sfilata, ma una sinergia di scenografie create a dettaglio e musiche di sottofondo che cambiavano a seconda del tema della collezione di lingerie.

Tutt’oggi lo show attira centinaia di celebrità e intrattenitori che partecipano ogni anno. Le enormi ali d’angelo indossate dalle modelle, ad esempio, sono una “chicca” unica ed originale del marchio di fabbrica di Victoria’s Secret. Non c’è ormai da stupirsi se questa azienda dal fatturato esorbitante, continui a far faville nel campo della moda dopo ben 37 anni!