La misteriosa malattia dei diavoli blu

DSCI8791Dal Brongxs agli scugnizzi senza infanzia, dalle donne passionali e assetate d’amore agli orchi che divorano i sogni di bimbi innocenti, passando per l’Etrusco, Sentenza e Jesus, questo lo scenario in cui si muove Cyd, le cui missione e vita Giovanni Scafoglio racconta nel suo nuovo libro “La misteriosa malattia dei diavoli blu” (Guida Editore, 136 pagg. 10,00 €), presentato mercoledì scorso presso la gremita Saletta rossa di Guida a Port’Alba. All’evento, cui ha partecipato un uditorio entusiasta e rigorosamente “libromunito”, come testimoniano gli scatti d’autore realizzati da Giuseppe D’Anna, sono intervenuti Carmine Aymone, musicologo e scrittore, e Giuliana Covella, giornalista e scrittrice. In un momento difficile per l’editoria, con numeri scoraggianti, il testo di Scafoglio rappresenta un piccolo miracolo reso possibile dalla lungimiranza di uno storico editore napoletano, Mario Guida, che ha creduto nel suo progetto fin dal primo libro, “L’ombra della città”, uscito nel 2008 e di cui questo testo è il naturale (e autonomo, La misteriosa malattia dei diavoli blu - copertinandr) prequel. «Bisogna investire su idee e progetti interessanti, che comunicano con il pubblico e lo coinvolgono, ma soprattutto -afferma un sempre brillante e istrionico Mario Guida- oggi bisogna avere il coraggio di pubblicare». Quarant’anni e tante cose da dire, questo forse il segreto di Giovanni Scafoglio che nelle centotrentasei pagine della sua “misteriosa malattia” non fa mai mancare quella “nota blues” a cui ha abituato i suoi lettori e ascoltatori, che ancora lo ricordano quando calcava i palchi di mirabolanti concerti. Il blues è la chiave di lettura di ciò che scrive, il blues è il motore dell’azione, il blues è quell’“apucundria” che ammanta i napoletani che lasciano Napoli, ma lasciare non significa né tradire né dimenticare, lo sa bene Scafoglio. «Il Blues non si può ripulire più di tanto; dev’essere grezzo e intenso, deve sgorgare spontaneo dai visceri. Il Blues non può essere perfetto ed è il motivo per cui molti musicisti bianchi non sono capaci di suonarlo. Non per altro ma perchè parlano un inglese troppo buono. Il Blues e una buona pronuncia non vanno d’accordo. Per suonarlo bene, devi sporcare, devi spaccare le parole», chiosa Aymone citando B.B. King, perché “La misteriosa malattia dei diavoli blu” è crudo, intenso, viscerale, passionale, sporco, spontaneo, avvincente, ricco, seducente, poetico, malinconico, brillante, spiritoso, è di tutti ed è di nessuno, è un delirio dolcissimo che fa vedere Napoli ovunque, è Blues, e non può essere altrimenti. E i blues scandiscono anche la struttura del libro; dodici i capitoli che lo compongono e raccontano la storia di un giovane uomo che, messi da parte i sogni e le speranze, ora ha un unico obiettivo, e ne descrive il raggiungimento a denti stretti e con i pugni chiusi partendo da un ampio e movimentato flashback, dove i ricordi di un napoletano che è stato giovane tra gli anni ‘80 s’intrecciano con quelli di un’intera generazione partenopea, quando “si compravano da Tatoo i dischi in vinile dei Clash e i bootleg dei Police, sognando Londra e Berlino, per poi tornare a pariare a Piazza del Gesù o a tirar calci a San Domenico Maggiore”, quando nasceva l’Officina 99 e arrivavano “i bar alternativi […] lo Zx, il Kgb, il Caffè della Luna, il Trilogy, il Diamone dogs e infine, finalmente il Rookery Nook”. Ma perché leggere un testo così complesso e adatto a pochi intelligenti e brillanti visionari che non hanno paura della verità e la guardano in faccia sempre? La risposta è della Covella: «perché non ci sono i luoghi comuni su Napoli, perché tutti quelli che amano questa città unica si rispecchiano, perché la realtà è raccontata senza filtri, ma con il talento di chi sa renderla fruibile anche a chi non l’ha mai vissuta». E chi lo leggerà, chi sfoglierà questa pagine La misteriosa malattia dei diavoli blu - da sx Giovanni Scafoglio, Carmine Aymone, Elena Imperatore, Gianni Tamburelli, Giuliana Covella e Francesca Dell'Ariafuori dai confini di questa terra del limite, dove sacro e profano da sempre convivono, cosa penserà di questa città? «I non napoletani -chiede la cronista di razza- cosa penseranno della “tua” Napoli?». La domanda arriva netta, proprio come la risposta: «il mio mestiere è scrivere storie -stocca Scafoglio-, non mi occupo di quello che pensano i non napoletani leggendo il mio libro, ma una cosa è certa, abbiamo fallito, quelli della mia generazione hanno fallito, perché Napoli è un dono e non abbiamo saputo conservarlo». Scafoglio però non ha fallito, anzi, ha scelto di mettersi in gioco, di parlare di Napoli lontano da Napoli; certo, è affetto una patologia incurabile, ma lasciarsi contagiare dalla sua malattia, “La misteriosa malattia dei diavoli blu”, è favoloso. L’invito, avvolto dal mistero che è proprio di questo noir made in Naples con squarci internazionali, è rivolto al pubblico anche attraverso la tecnologia, fidata compagna di questo autore contemporaneo: dalla musica, che consiglia sul suo sito www.cydnero.it come piacevole tappeto sonoro della lettura, ai video che, realizzati in collaborazione con le musiche di Gianni Tamburelli, la voce della cantante Elena Imperatore e le coreografie di Francesca Dell’Aria e delle sue ballerine, hanno reso la presentazione un happening davvero speciale, e hanno comunicato il messaggio di Scafoglio. Accettare questo invito farà sì che quel deleterio fallimento non continui.

Rosaria Morra