La lodevolissima iniziativa della Pizza fra le detenute raccoglie grande successo.

E’ stata veramente una lodevolissima iniziativa quella nata come derivazione di altra bella idea che Rosario Mattera realizzò lo scorso anno con successo, nella Casa circondariale femminile di Pozzuoli, nell’ambito della VI ATTUALITA 2edizione della manifestazione Malazè da lui ideata e portata avanti con grande impegno. Quest’anno non si è riusciti ad ottenere i permessi per riproporre la “cena galeotta”, che dedicò tutti gli incassi al carcere di Pozzuoli, come nel settembre 2011 con Malazè, ma con la moglie di Mattera Adriana Intilla, che è la responsabile dell’Area Educativa dell’istituto, si è progettata e messa in atto l’iniziativa che ha portato tre maestri pizzaioli dell’eccellenza di questa categoria: Enzo Coccia, Attilio Bachetti e Gino Sorbillo, ad effettuare un corso di insegnamento all’elaborazione della Pizza napoletana, quella vera in tutte le sue versioni dalla Margherita, alla Marinara, alla Fritta <‘O cazone> ed alla montanara, che 12 detenute hanno dimostrato nella giornata conclusiva del corso di avere appreso, talmente bene, da riuscire in breve tempo a produrre tante gustose pizze per i giornalisti accorsi in gran numero alla conferenza stampa. Per festeggiare appunto il successo dell’idea della Pizza nel carcere, autorità e addetti all’informazione hanno preso parte alla conferenza stampa tenuta nel piazzale del carcere di pozzuoli e condotta dalla giornalista Laura Gambacorta, il vice direttore del Carcere femminile  Arturo Rubino, Adriana Tocco Garante dei detenuti presso ATTUALITA'1il Consiglio regionale della Campania, Adriana Intilla, coordinatrice del corso, Rosario Mattera, ideatore e organizzatore di Malazè, Claudio Flores dirigente dell’area trattamentale del Provveditorato di Napoli ed i maestri pizzaioli Enzo Coccia, Attilio Bachetti e Gino Sorbillo. Presenti anche i responsabili delle aziende che hanno offerto i prodotti per realizzare i corsi e la giornata clou di questi, dove le 12 apprendiste pizzaiole hanno ricevuto l’attestato e soprattutto hanno festeggiato il loro successo fra gli applausi di tante persone, che anche senza poter parlare con loro direttamente, hanno fatto sentire pubblicamente l’apprezzamento e l’ammirazione per queste persone che momentaneamente vivono un percorso di vita non certo felice.  Le aziende sponsor che hanno dato il loro supporto alla realizzazione del corso fornendo le materie prime necessarie sono: Stefano Ferrara per il forno creato nel carcere, Antico Molino Caputo di Napoli per la farina, Danicoop di Sarno (Sa) per i pomodori, Consorzio della Mozzarella di bufala campana Dop per la mozzarella e Ipack & Trade di Napoli per i contenitori per pizza e l’acqua minerale Ferrarelle. La bravura di queste 12 donne  nell’apprendere un mestiere che possa renderle utili a tutti e dimostrare il loro impegno nella vita sociale, momentaneamente da  detenute e poi da persone libere quando avranno scontato la loro pena e saranno reinserite in un tessuto di vita del normale vivere comunitario, è stato espresso anche con la produzione di squisiti dolci offerti dopo le pizze da altre carcerate che hanno seguito un corso di pasticceria. La cosa che ancor più conta è che già da ora le diplomate pizzaiole potranno, secondo il nuovo progetto, impegnare molto utilmente una parte delle loro giornate preparando ed insegnando come si fa una pizza anche alle compagne d’istituto, rispondendo al desiderio che in tante hanno ed è stato espresso da una di queste che ad inizio corso commossa disse al maestro Coccia . “Enzo, grazie! Erano 5 anni che non vedevo una margherita”. Infatti come ha sostenuto  Coccia nel suo intervento per noi è facile scendere di casa e gustare una pizza, mentre per queste  persone che vivono in carcere è un punto d’arrivo, un desiderio da raggiungere e sentire le parole che la detenuta ha citato e stata la più grande gratificazione che si possa raggiungere in vita per il lavoro che uno di noi svolge, molto più importante di qualsiasi ATTUALITA3premio che si possa ricevere perchè abbiamo realizzato in loro “L’amore per la Pizza”. Se comunque è vero che la detenzione deve essere necessariamente anche una privazione a quello che liberamente si può scegliere di ottenere nei massimi rispetti della legalità, è pur vero che perchè ci sia un recupero delle stesse persone  occorre individuare iniziative che non le lascino sprovvedute nel cercare un lavoro uscendo dal carcere, come queste donne che si sono tanto impegnate ed hanno dimostrato di avere un desiderio a fine decorso dello scontare la pena loro inflitta, di mettere un punto e.. a capo riiniziando un nuovo percorso di vita. Questo è un esempio di come  con la volontà di tutti si possa recuperare un tessuto sociale basato sulla legalità alle quale bisogna giungere attraverso le attenzioni, programmazioni ed insegnamenti che per chi è cittadino libero devono essere impartiti sin dalle scuole primarie e per chi  non ha avuto o raccolto questi insegnamenti devono essere offerti loro da persone di grande umanità, impegno e disponibilità finalizzata al raggiungimento di una vera e solida vita onesta che la maggior parte dei cittadini desiderano ardentemente riconquistare. Al raggiungimento degli obiettivi anzidetti può essere simbolica proprio la pizza che nella sua forma circolare può rappresentare una unione di tutti e con i suoi gusti può attirare ed aggregare tutti.

Giuseppe De Girolamo