Fermento e tensione nel golfo di Policastro: per il futuro incerto dell’ospedale delle tre regioni
Incontro a Salerno in prefettura, con la massima autorità di Governo, Francesco Esposito.
La delegazione giunta dal golfo di Policastro, guidata dal comitato civico e con una cospicua rappresentanza di sindaci e amministratori del comprensorio, per scongiurare la chiusura di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Sapri con conseguente e irreversibile depotenziamento dell’intero nosocomio delle tre regioni, ha trovato un’ampia apertura istituzionale oltre che una qualificata interlocuzione per un incontro che si è protratto oltre le due ore a riprova della importanza del tema e delle reciproche sensibilità in campo.
Le comunità del Golfo di Policastro di Basilicata, Campania e Calabria, nel ringraziare il Prefetto di Salerno per l’ascolto, hanno auspicato -in un comunicato congiunto- l’impegno istituzionale per adottare misure in grado di preservare il reparto a rischio chiusura, con gravissimi danni per le popolazioni e per le centinaia di migliaia di turisti che affollano, soprattutto nella stagione estiva il litorale campano-calabro-lucano.
<<Il meno che si possa dire della paventata chiusura del Punto Nascite di Sapri è che viene disposta da un Ministro che ha fatto una proposta di modifica della legge Balduzzi, ritenendo -giustamente- superata la necessità di ancorare la salvezza dei Punti al raggiungimento di un certo numero di parti; ciò senza considerare che, per Sapri, la struttura è stata funzionalmente accorpata alla struttura complessa di Vallo della Lucania, di cui nessuno -nè Schillaci né De Luca- hanno revocato in dubbio la capacità di prestare garanzie sufficienti per la sicurezza delle gestanti e dei nascituri!>> -argomenta con dovizia di particolari, l’avvocato-scrittore Franco Maldonato, legale del comitato civico e autore, tra gli altri, del volume La rivolta di Sapri, con un saggio introduttivo sulle rivolte meridionali degli anni ’70.
Quella pagina di cronaca di fine luglio, divenuta storia.
«Bloccata la ferrovia al Sud, l’Italia si ferma a Sapri»: con questo titolo a tutta pagina, il ventinove luglio, Eugenio Scalfari apre la prima del quotidiano la Repubblica.
Mille persone assiepate sui binari e in trecento distesi sul selciato della Tirrenica Inferiore. L’Italia è spezzata in due!
Il Mezzogiorno, a quel tempo, è ancora percorso da fremiti rivoltosi, con la polizia che spara, morti e feriti sulle barricate, uccisioni di cittadini che avevano avuto il solo torto di affacciarsi alla finestra, municipi messi a ferro e fuoco, interruzioni di pubblici servizi e delle grandi vie di comunicazione: Avola, Battipaglia, Reggio Calabria, L’Aquila e Eboli sono il teatro di questi avvenimenti, tipici di altre stagioni della vita nazionale. E infine Sapri, dove l’ospedale dopo trent’anni non è finito. E si muore perché non c’è nemmeno un’autoambulanza o non ha benzina o non c’è l’autista.
E ora con un colpo di spugna si vogliono cancellare anni di lotte, di battaglie e il sacrosanto diritto alle cure e alla salute.