Fai bei sogni

FOTO LIBRI 2La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. “Fai bei sogni” è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perché il cielo lo spaventa, e anche la terra. “Fai bei sogni” è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lotta incessante contro la solitudine, l’inadeguatezza e il senso di abbandono, raccontata con passione e delicata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell’amore e di un’esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagonista di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.

Recensioni
SCRITTURA COME AUTOTERAPIA
FOTO LIBRIIl precedente romanzo di Massimo Gramellini (“L’ultima riga delle favole”) mi aveva profondamente coinvolto sul piano emotivo ed appagato dal punto di vista letterario e creativo. Ho acquistato quindi questo “Fai bei sogni” a scatola chiusa. Dopo averlo iniziato ho letto alcuni commenti e mi è stata riferita la conversazione settimanale con Fabio Fazio durante la trasmissione televisiva “Che tempo che fa”. Ho appreso quindi molte notizie sulla trama e, soprattutto, sull’emozione e la commozione dell’autore nel parlarne. Ora ho concluso la lettura e sono perplesso! Sono del tutto convinto che la scrittura rappresenti una forma importante di autoanalisi ed autoterapia, ma non necessariamente ciò implica la pubblicazione dei contenuti. Sono altrettanto convinto della buona fede di Gramellini (che stimo molto come giornalista e come persona) ma nutro seri dubbi in merito all’aiuto che la lettura di questo libro possa dare ad altre persone. Non è in dubbio la sincerità, la passione, la sofferenza, ed anche la piacevolezza della lettura. Ritengo, tuttavia, che ciascuno di noi debba portare il proprio fardello di dolore ed affrontare le proprie ansie senza pensare che l’eventuale via d’uscita possa essere universale. Certo il confronto ed il conforto con interlocutori diretti può essere fonte di consolazione e sostegno; più difficilmente nella forma di un romanzo. Nel caso specifico il rapporto con i genitori e, in particolare, l’elaborazione del lutto per la scomparsa della madre (tragica nell’essenza e nelle modalità), che culmina, solo nelle ultime pagine, nel perdono e nella conseguente scomparsa dell’ “interno affanno”, riguardano solo ed unicamente l’uomo Massimo Gramellini. Non me la sento di condividere il suo rancore (durato 40 anni) verso i genitori. Ognuno cerca la soluzione, anche disperata, all’assillo dei propri demoni come può e come riesce, degno comunque di pietà e compassione, specie quando il dolore – fisico e psicologico – è troppo forte da sopportare. In conclusione: complimenti a Gramellini per il suo coraggio, per lo sforzo di mettersi a nudo, per l’intenzione di offrire un contributo consolatorio. Ma…si tratta di autoterapia, non di letteratura, né di fonte garantita di conforto ai lettori (come le “terme dell’anima