Confessioni di una docente di lettere precaria

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Le parole di una professoressa sono come lame taglienti, le stesse che, nel tempo, hanno ferito il suo orgoglio, la sua dedizione, la sua motivazione: “Io non me la sento più di dire ai miei studenti di sacrificare ore di studio per il latino. L’ho fatto io, non fatelo voi ragazzi. Altrimenti farete la mia fine. Vi ritrovereste con un pugno d’aria, di parole che ormai oggi non hanno più senso per nessuno.”; una delusione pungente, unico risultato di tanti anni passati ad insegnare il latino, lingua che, per tutto il Medioevo e gran parte dell’era moderna, è stata la lingua privilegiata della comunicazione internazionale, delle lettere e delle scienze, mentre ora è bistrattato e dimenticato, e la stessa sorte tocca a coloro che si occupano di tramandarlo. Eppure, tante massime, tanti aforismi e tante fonti autorevoli affermano “Historia magistra vitae” (che, ironia della sorte, è proprio in latino); la storia è maestra di vita: il passato insegna, ci fornisce i mezzi per capire il presente, e progettare un futuro migliore. Ma i valori, le situazioni, i concetti forse ora sono troppo lontani, totalmente astratti, e non riescono più a riallacciarsi al presente; “Pro patria mori... E cosa significa patria oggi? Io non ho nessuna a2voglia di sacrificarmi per la terra dei padri, questa terra che mi ha preso in giro, che continua a prendermi in giro giorno dopo giorno, visto che un lavoro stabile non me lo sa dare, e nemmeno uno stipendio che gratifichi i sacrifici che ho fatto da ragazza studiando. Tutti i giorni questa patria si burla di me, del mio lavorare per 1.250 euro al mese (se sono fortunata)”, dice la docente, impiegata precariamente in una scuola pubblica dell’interland milanese.

“Cosa volete che insegni ai ragazzi? Ditemelo, io non lo so più.”; e proprio quest’ultima frase dovrebbe farci pensare: siamo tutti consci dell’importanza e delle potenzialità portate dalle materie scientifiche, che ogni giorno diventano più importanti, e privilegiate: il loro rilievo non è in discussione; ma non saranno le materie classiche ad essere, ogni giorno di più, troppo svilite e sottovalutate?
A ciò ovviamente si accompagna la situazione dell’intera scuola pubblica: anche in questo caso, sarebbe opportuno risollevare in modo significativo le sorti della umiliata, derelitta scuola statale italiana, invece di affossarla, con tutto ciò che essa rappresenta, gli insostituibili valori che essa porta, ed imprescindibilmente, anche i suoi mediatori.

Germana de Angelis