Brainticket gli psiconautici dell’universo progressive.

dfbNell’universo sterminato del progressive rock il gruppo dei Brainticket sono ricordati soprattutto per la loro suite allucinatoria ed ipnotica che prende il nome dallo stesso nome della band.

L’originaria formazione sono un settetto con doppio tastierista, basso, chitarra, voce e doppio percussionista. Joel Vandroogenbroeck (organo, fluti), Ron Bryer (guitar), Werni Frohlich (basso), Coismo Lampis (batteria ), Wolfgang Paap (tabla), Dawn Muir (vocals), and Hellmuth Kolbe (potentiometri, generator, ed sound effects). i Brainticket, band nomade e multinazionale, attraversa, da questa prima formazione in poi, con vena disuguale almeno tre scene diverse: quella elvetica che li vede nascere, quella tedesca e poi quella italiana, con fortune discografiche molto alterne. Spesso al limite della dissonanza e del rumore, e tuttavia capace di suggestionare l’ascoltatore con la sua dimensione “alterata”, in una sorta di trip allucinogeno che richiama sia il krautrock più estremo che certe sonorità del rock californiano anni Sessanta. E’ così soprattutto nel primo disco registrato in Germania, “Cottonwoodhill” (per molti semplicemente “Brainticket”). La voce femminile di Dawn Muir spaventa, improvvisa, come in preda di allucinazioni. Tutto il disco si regge prevalentemente come abbiamo detto in precedenza sul brano “Brainticket”, o meglio quasi, diciamo per un lato e mezzo. L’ascoltatore viene deturpato dal suono battente di un martello pneumatico e da altre diavolerie che tendono a sperimentare l’ambito psichedelico, non disdegnando passaggi strumentali anche interessanti. I tre musicisti dopo il primo album del 1971, “Cottonwoodhill“, si trasferirono nel nostro Paese, dove vissero alcuni anni ed inciseroi due album ora riediti in Gran Bretagna, “Psychonaut” del 1972, ma la formazione è gia dimezzata. “Psychonaut”, presenta evidenti analogie con il precedente “Cottonwoodhill”, non tanto per continuità musicale, anzi. Qui abbiamo tappeti sonori meno acidi e lisergici, una dilatazione delle ritmiche a favore di una maggiore ricerca melodica, anche se costantemente nell’alone delle turbe allucinogene…Un sound  che potremmo definire più , complici l’organo e flauto traverso, un’alchimia che crea una dimensione ancora più surreale. Ed il titolo lo lascia intendere, un viaggio nella psiche. La permanenza in Italia, la partecipazione al Festival Pop di Caracalla a Roma nel 1971, la collaborazione con l’ambiente musicale tricolore contribuì a perfezionare quella che, all’epoca, venne definita dalla critica “musica descrittiva”. Il terzo capolavoro di avant-garde cosmica chiamato “Celestial Ocean” 1972, è un concept album ispirato dal libro egiziano dei morti. Risulta più maturo dei precedenti lavori. Viene meno una primitiva cupezza melodica, a vantaggio di espedienti sonori più fluidi ed eleganti, conservando però vaghe tracce dello psycho-progressive Canterbury dei Soft Machine, non a caso, uno dei gruppi preferiti di Vandroogenbroeck.Celestial Ocean è un opera pionieristica di ciò che verrà chiamata genericamente techno music, se non altro per l’impiego massiccio di elettronica e sintetizzatori presente nell’album. Celestial Ocean” è un viaggio sulla navicella dei faraoni nell’oceano celeste, alla ricerca della propria coscienza. Insomma i musicisti sono dei “cosmonauti” che hanno timbrato il biglietto per avviare un viaggio nell’Io.

I Brainticket pubblicarono altri due dischi nel 1982, per poi realizzare una reunion nel 2000 che ha permesso l’uscita del sesto ed ultimo album “Alchemic Universe

In ogni caso, ad accrescere il mistero sul gruppo è anche la relativa scarsità di notizie certe. Per molto tempo la band fu considerata olandese, anche da dizionari e archivi molto autorevoli, mentre l’Olanda, paradossalmente, è una delle poche nazioni non rappresentate.

Il suo leader, il polistrumentista belga Joel Vandroogenbroeck ha continuato a realizzare dischi fino ai giorni nostri, in gruppo o da solista.

Antonio Elia
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