Anziani : invisibili ed emarginati.

Cara Rossella,

LETTERAsono appena ritornata da una visita ad un mio zio ottantenne e mi ritrovo avvilita e disgustata nei riguardi dei familiari, figli compresi, perché questo povero vecchietto per loro è divenuto un peso. In previsione dell’estate, chi scappa di qua , chi scappa di là, chi ha le vacanze già prenotate da tempo e tra tante persone nessuno ha compassione per questo pover’uomo! Quindi, con la scusa di fargli fare alcune analisi ed una cura per i suoi malanni cronici,stanno pensando di “sistemarlo” presso una casa di cura affinché possa ristabilirsi. Ho visto gli occhi di mio zio pieni di lacrime, silenziosamente ha ascoltato ed infine ha chiesto di non essere trasportato in altri luoghi, di usare la sua pensione ed i suoi risparmi per una assistenza domiciliare adeguata, di poter finire i giorni che gli restano in casa sua, tra le sue cose, tra i suoi ricordi. Mi sono vista anch’io anziana e malata, bisognosa di una parola di conforto ed ho riflettuto sull’importanza del rispetto e della gratitudine, valori ormai quasi in via di estinzione.

Enrica

Cara Enrica,

leggendo la tua lettera ho ancor più riflettuto di quanto sia brutto invecchiare (specie quando ci si trova in certe situazioni) e di quello che i Buddisti ci ricordano quando dicono che l’uomo deve misurarsi con 3 condizioni invincibili: malattia, vecchiaia, morte. Indubbiamente quando si è giovani a queste cose non si pensa…Eppure essere anziano significa poca voglia, poca forza,scarsa indipendenza, una vita “amministrata” da altri come da altri vengono gestite le proprie cose, i propri spazi, gli oggetti un tempo cari e seppur spesso la mente rimane attiva diviene necessario richiedere aiuto ed assistenza per sopravvivere. E così, un po’ alla volta, ci si accorge d’esser divenuti un peso, un ostacolo, un fastidio, quando invece, in un tempo nemmeno troppo lontano, ci si era dedicati agli altri con consigli ed insegnamenti, sempre con dedizione, sempre con affettuoso impegno. E pur vero che i figli non si mettono al mondo né per avere un tornaconto né per pretendere d’essere curati ed assistiti in vecchiaia. Istintivamente e solo per amore dovrebbero restituire, anzi ricambiare almeno in parte l’affetto ricevuto, anche se non si deve pretendere di gravare sui figli o sui parenti…Per questo ci si augura né di dipendere né di perdere sia la salute che la lucidità mentale. Un tempo era naturale occuparsi dei genitori anziani,ed invece in questi anni notiamo che le case di riposo sono in via di sviluppo. anzi sorgono come funghi : è lo specchio della nostra società, una società ormai alla deriva, in cui notiamo che le persone sono oggetti da accantonare o peggio,da usare. In alcune circostanze l’anziano è paragonabile ad un bambino ed invece di circondarlo di premure ed amore lo si “deposita” in luoghi di cura, se va meglio lo si affida ad una badante, se va peggio lo sia lascia solo. Questo aumenta il senso di solitudine ed abbandono che può sfociare in quella depressione tanto pericolosa in questo delicato momento della vita. Quanta tristezza vedersi “scaricati”, abbandonati dopo aver speso una vita per crescere i figli nel miglior modo possibile, spesso tra rinunce e sacrifici. Questi “tipi” di figli mettono a posto la loro coscienza risolvendo il problema facilmente con una badante, un infermiere, una casa di riposo, un ospedale. Ma anche qui sorgono problemi perché quando esiste la necessità di una assistenza personalizzata e specifica, gli anziani vengono penalizzati dalla insensibilità delle istituzioni che non forniscono strutture adeguate e sufficienti, cercando di risparmiare sugli operatori socio sanitari e sul ricovero ospedaliero geriatrico che ha costi elevati ; e così l’anziano paziente, spesso acciaccato da mali cronici, viene dimesso per la “gioia” dei parenti…Considero sempre più sbagliata questa nostra società che ritiene importanti cose inutili, effimere, superficiali, escludendo quei valori che un tempo formavano l’essere umano e lo rendevano “persona” e che, mentre si indigna per l’abbandono di un cane, si dimentica dei vecchi. E se, per fortuna, ancora esistono figli o parenti affettuosi pronti all’aiuto,all’assistenza,al conforto, dobbiamo comprendere che, come per i nostri vecchietti, anche per tutti noi è solo questione di tempo e che prima o poi saremo costretti a misurarci con i nostri limiti, la nostra fragilità,le malattie e la vecchiaia, perché la vita altro non è che “ripetizione”di situazioni già vissute da chi ci ha preceduti. Ed allora ricordiamo ogni loro sacrificio, ripagandoli con un po’ d’amore ed un po’ di compagnia. Dopo sarà troppo tardi.

Rossella Argo

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