Fragilità in corsia: al Fatebenefratelli il convegno che mette al centro la persona
La fragilità va riconosciuta, accolta, accompagnata. Non è un limite, ma una chiamata alla responsabilità condivisa. Con queste parole la dottoressa Mariateresa Iannuzzo, direttore sanitario dell’Ospedale Buon Consiglio Fatebenefratelli di Napoli, ha aperto i lavori del convegno “Fragilità in corsia – Umanità in ascolto”, tenutosi nella sala conferenze dell’ospedale.
Un’occasione di riflessione corale su un tema che attraversa il mondo della sanità ben oltre i confini della clinica: la vulnerabilità, in tutte le sue forme. La fragilità – ha spiegato la dottoressa Iannuzzo – non riguarda solo il corpo, ma anche la mente, il contesto sociale, la spiritualità. È un’esperienza trasversale che necessita risposte articolate e soprattutto sinergiche. Da qui il coinvolgimento delle istituzioni, con la partecipazione del Comune di Napoli, della Regione Campania e dell’ASL Napoli 1.
Nel nostro ospedale – ha proseguito – ogni giorno accogliamo persone anziane sole, migranti, donne e bambini abbandonati. La richiesta di aiuto va ben oltre la cura fisica: servono strutture capaci di accompagnare, riabilitare, ascoltare. È per questo che abbiamo articolato il convegno in tre sezioni, ognuna pensata per promuovere strumenti e alleanze concrete.
Una chiamata all’azione che ha trovato pieno sostegno anche nelle parole di Fra Gerardo D’Auria, Superiore dell Ospedale Fatebenefratelli: Il nostro fondatore, San Giovanni di Dio, ci ha insegnato che la cura è innanzitutto relazione. Una persona che arriva in ospedale spesso è impaurita, disorientata, sola. Dobbiamo accoglierla con parole comprensibili, con uno sguardo empatico, con la forza di una presenza che non giudica. Questo convegno ci ricorda che l’umanizzazione della medicina non è un lusso, ma una necessità.
L’assessore alle Politiche sociali del Comune di Napoli, Luca Trapanese, ha portato il suo contributo nella prima sessione, intitolata “Riconoscere la fragilità”. Spesso la vulnerabilità non è visibile a occhio nudo. Serve uno sguardo allenato, formazione continua, strumenti condivisi. Dobbiamo imparare a leggere la fragilità nei dettagli, nei silenzi, nei gesti. E prendercene cura nella sua totalità. Sullo stesso tono l’intervento del dottor Gennaro Pagano: Psicologo e psicoterapeuta La fragilità può diventare una risorsa, se la comunità sa accoglierla. Costruire reti, percorsi integrati, linguaggi comuni è il nostro compito. Nessuno deve sentirsi solo né invisibile. La seconda sessione, “Accogliere la fragilità”, moderata dal professor Alessandro Bresciani, Direttore Unita Operativa Complessa di Medicina Fatebenefratelli ha posto l’accento sul valore della relazione. «Accogliere non significa solo rispondere a una diagnosi – ha spiegato Bresciani – ma esserci, anche quando non abbiamo soluzioni. È nel modo in cui guardiamo l’altro che inizia la cura.
Il dottor Ciro Lillo ha presentato l’approccio della “presa in carico globale”.«Non possiamo più frammentare la persona in sintomi. Ogni paziente è una storia complessa. La continuità assistenziale – dai primi colloqui alla cronicità – va ripensata come un percorso umano, non solo clinico. La terza sessione, guidata dalla dottoressa Giovanna Pentella, dirigente profesioni sanitarie dell’Ospedale Buon Consiglio Fatebenefratellsi è concentrata sugli strumenti pratici per assistere i pazienti più fragili, in particolare gli anziani con patologie croniche. Le lesioni da pressione, ad esempio, sono un esito sensibile alla qualità delle cure. La formazione è fondamentale per prevenirle, per restituire dignità e qualità della vita.
Fragilità non è debolezza, ma una possibilità di relazione – si è detto in conclusione –. Prendersi cura significa esserci, nel momento giusto, con lo sguardo giusto. La medicina del futuro sarà tanto più efficace quanto più sarà umana.
M.O