Vedere le cose che nessun occhio ha scrutato: Maria Mulas

FKitsch_1otografie come quadri, colori vivi come emozioni, ritratti come metonimie dell’anima, ricerca e sperimentazione in funzione dello scatto, questo è “Vedere le cose che nessun occhio ha scrutato”, la personale di Maria Mulas, in mostra Al Blu di Prussia (www.albludiprussia.com) fino al 12 giugno (visitabile da martedì a venerdì 17,00 – 20,00; e sabato 10,30 – 13,00 e 17,00 – 20,00). Curata da Mario Pellegrino, direttore dello spazio multisciplinare riaperto da Giuseppe Mannajuolo e divenuto nel giro di pochi mesi uno dei centri di attività artistico – culturali più attivi e frequentati della città, l’esposizione propone una serie di fotografie realizzate dall’artista di Manerba, sorella del celebre Ugo (che l’instradò regalandole una Laica, ndr), nel corso della sua lunga e intensa carriera. La vocazione pittorica traspare in ogni immagine, da “Quinte” a “Kitch 1”, da “Subway Londra” a “Metamorfosi”, da “Omaggio a Galla Placidia” (trilogia declinata al verde, al blu e al rosso), ad “Autoritratto (omaggio a Henri QUINTERousseau)”, passando per “Andy Warhol”, e i quindici ritratti di personaggi dell’arte e della cultura che animano o hanno animato la scena internazionale – scrittori, attori, attrici, artisti tra cui Louise Bourgeois, Andy Warhol, Francesco Clemente, Gillo Dorfles, Joseph Beuys, Valentina Cortese, Alberto Moravia, Dario Fò, Sonia Delunay – posti all’ingresso della mostra, elegante e delicato monito a chi si accinge a visitare quest’altare dell’arte. «C’è stato un periodo in cui volevo privare le mie immagini della violenza del colore e affidare alla sobrietà cromatica del dicotomico bianco e nero i miei soggetti. Oggi, che veicolo un messaggio più forte e contemporaneo, pienamente calato nell’attualità -afferma Mulas-, trovo il colore una parte imprescindibile dei miei scatti, delle mie fotografie, dei miei momenti impressi su pellicola». La mostra è un invito a spingere il proprio sguardo, e quindi la propria attenzione, verso ciò che spesso si nasconde, sembra non esistere, non apparire, non esserci; un invito che Maria Mulas rivolge riflettendo le immagini all’interno della stessa fotografia, imprimendo nei dettagli più SUBWAY,_LONDRAnascosti e impercettibili, il senso di tutto lo scatto. Una invito esaltato da Mario Pellegrino: «si è scelto un allestimento naturale, dato dalle sue opere, dalla sua perfetta voglia di “incoerenza e sconnessione”». Proprio così, le fotografie della Mulas, spesso “stese” in grandi formati, pongono sull’intera estensione dell’area una sorta di porta temporale e spaziale, “la fotografia in sé è per me oggi un limite: ho bisogno di sequenze, di metamorfosi, di ripetere fino all’ossessione. In alcuni di questi lavori il soggetto ritratto riflette, alla lettera, ciò che a sua volta sta guardando: la laguna e il vaporino, negli occhiali -affermò parlando con Emilio Tadini-. E come se si ribellasse così alla propria condizione di preda, alla propria passività. Per un momento l’occhio del fotografo insegue qualcosa che riesce invece a sfuggirgli e ”ferma”, o meglio cattura, proprio questa fuga. Nelle fotografie “sconnesse” il gioco completa questo pensiero”. Le venti fotografie a colori donano vivacità tonale al sobrio spazio di via Filangieri 42, che accoglie le opere dell’istrionica fotografa con vivo calore, vicino, com’è, a quella sua tanto invocata e mantenuta indipendenza artistica e stilistica. Ad arricchire il percorso di questa vibrante vetrina dell’umanità un catalogo (Edizioni Paparo) con testi di Sandra Artom, Gillo Dorfles, Philippe Daverio, Laura Lepetit e Patrizia Zappa Mulas. Nella fitta agenda della Mulas c’è ora un lungo periodo di riposo, cui farà seguito un’importante pubblicazione: un libro-catalogo che raccoglierà la sua produzione e il suo pensiero, sparso curiosamente nei tanti scatti che portano la sua firma.

A cura di Rosaria Morra