il Racconto Corale: l’arte di incantare le parole con il loro stesso suono

shapeimage_1Al Teatro Sociale di Como sabato e domenica 7 e 8 maggio 2011 il Racconto Corale l’arte di incantare le parole con il loro stesso suono (ascolta) nell’ambito de Il mestiere dell’attore a cura di Mario Bianchi in collaborazione con la Cooperativa AttivaMente e il Teatro Sociale di Como – As.Li.Co.

L’allenamento della propria voce al canto è una disciplina fondamentale nella preparazione di un attore. Attraverso questa pratica si compiono diverse azioni irrinunciabili: lo studio e la scoperta della propria disponibilità vocale, nonché la maturazione di una precisa consapevolezza nella modulazione ritmico melodica.

Il semplice parlare produce un complesso di suoni disarticolati: micro melodie e ritmi che scaturiscono dalla scansione delle sillabe nel tempo, dal timbro e dall’inflessione della voce, dalla provenienza geografica della persona e dal gruppo sociale a cui fa riferimento. Sul palcoscenico, davanti alla cinepresa o alla radio – che si stia interpretando un personaggio o incominciando un racconto – occorre che quell’intrico sonoro sia composto in una consapevole e suggestiva partitura: la presenza vocale di un attore non può essere casuale. Le intenzioni delle sue parole – i sentimenti che suscitano e le immagini che evocano – si attuano compiutamente per mezzo di una accurata padronanza del proprio timbro e dei diversi registri di cui dispone. Essi vanno ricercati, allenati e potenziati affinché le coloriture della voce e gli spazi verso cui la si protende, siano sempre più ampi, caldi e dettagliati.

Questo laboratorio si compie nel territorio privilegiato per maturare queste intenzioni; ché le armi di seduzione di chi intraprende un racconto si temprano nelle stesse coppie di opposti di cui si nutre la musica: silenzio e suono, sospensione e spinta. Così, nei confini tra narrazione e canto, l’attore forgia la capacità di suggestione che gli è richiesta praticando la virtù della concretezza e l’arte dell’incanto. Il lavoro è adatto a persone di ogni provenienza e formazione perché, sviluppando un approccio intuitivo all’uso della voce e alla musica, non richiede una precedente conoscenza di regole di armonia o solfeggio. È una fucina di strumenti per rafforzare la propria formazione e al contempo innovarla. Per lavorare sul gruppo, l’ascolto, il ritmo e l’espressione vocale, fondendo assieme la pratica del racconto melodico all’interazione con paesaggi sonori corali, in un originale percorso di narrazione polifonica cantata. Dalla parola al suono, dal racconto alla canzone.

Narrazione Melodica

Paul Valéry parla della poesia come di una prolungata esitazione tra senso e suono: il perdurare di questa sospensione è stato il centro del mio agire drammatico. Nel rendere alla poesia la sua vocazione musicale, ho raccolto nel tempo gli elementi di un linguaggio originale: quello della narrazione melodica. In esso, la parola riverbera tanto nella sua figurazione semantica quanto della propria essenza sonora. La voce esplora la parola composta nel verso poetico o nelle trame sciolte del racconto in prosa, per rifrangersi nelle molteplici risonanze che il testo gli offre e ricomporsi in orchestrazioni polifoniche di cui è protagonista assoluta. Altre volte, invece, emerge da un tessuto armonico intrecciato da strumenti musicali. In ogni caso, il suono – indivisibile dall’azione vocale – si articola in precise partiture oscillando tra l’incanto e la tecnica della parola detta, della parola intonata, della parola cantata.

Nel dominio della prima, i segni musicali che appartengono al parlato si presentano così frammentati da inibirne la percezione ritmica e tonale – sebbene, come particelle d’argento in un campo magnetico, si orientino in accordo con la musica da cui sono attraversati. Nel secondo si raccolgono in forme instabili e fuggenti, che ora appaiono evocando una qualche melodia ma al momento opportuno si tacciono… e ridanno senso al senso. Nel terzo si compongono ordinati su spartito e si palesa un canto: riflesso celeste di una essenza concreta. Suono e senso si spartiscono, ma ripetono all’unisono stessi gesti ed intenzioni, quasi a specchio.

Questo percorso, si ispira alla perizia di antichi rapsodi e aedi; affonda le sue radici nello studio di modelli compresi nel territorio dell’etnomusicologia – dai cantastorie ai cuntisti, ai banditori, gli ambulanti e alle voci del mercato – e si concretizza nell’ascolto delle autorevoli voci del teatro italiano e del teatro canzone – Carmelo Bene, Arnoldo Foà, Giorgio Gaber – così come nell’analisi di forme musicali più o meno colte, più o meno popolari: il melologo, il recitativo, la canzone… i cantautori.