Il paradiso perduto

Armonia, passione, colore, sensualità, vita, queste le parole chiave de “Il paradiso perduto (e l’asservimento della MORRA 1bellezza)”, la personale di Manuela Vaccaro presentata dalla Galleria Monteoliveto in mostra presso la sala delle prigioni del Castel dell’Ovo fino al 30 luglio con l’allestimento di Luigi Montefoschi (infoline 0814203210 – www.galleriamonteoliveto.it – galleriamonteoliveto@gmail.com). Un omaggio alla Madre Terra, alla donna intesa come culla della vita, come creatrice e creata, come materia plastica, come concentrato di sensibilità e forza, e un omaggio alla Madre per antonomasia, la Natura. «Questa mostra -spiega l’autrice- è frutto di grande impegno, di ricerca, di studio, in particolare su me stessa. Tutto ruota intorno alla vita e ai suoi simboli, l’acqua, l’anima, il sangue, gli alberi, la donna. Tutte le mie donne sono differenti istanze di Madre Terra, come la mia mamma, la mia infinita maestra Tullia Matania, e la grandissima Teresa Mangiacapra, mia guida nel mondo dell’arte, le tre donne a cui ho MORRA 2dedicato questa mostra, della forza primigenia che tutto crea ma che, come Ishtar, può anche distruggere». Gocce, mari, foreste, lune, tutto diventa magico e suggestivo nelle tele di Vaccaro; tutto è pervaso da un misticismo seducente, ammaliante, ipnotizzante; come l’installazione di teli, specchi e plastiche che sembrano circondare un piccolo altare, oppure fare da corolla ad un mare pescoso e purissimo. Proposta per gli eventi culturali a Napoli 2012 con la collaborazione del Comune di Napoli assessorato alla Cultura, “Il paradiso perduto (e l’asservimento della bellezza)” rappresenta il naturale confluire delle due precedenti mostre dell’artista napoletana per portare il messaggio dell’etica della bellezza per aiutare il mondo: «l’arte ha il potere di far riflettere, di far vedere cose altrimenti sconosciute, e questa mostra -spiega Chantal Lora- ne è un esempio». Pennellate corpose, colori intensi, scuri, stesi in modo denso, pieno, è la cifra di Vaccaro, dei suoi bronci appena accennati, dei suoi sguardi alteri, dei suoi corpi sinuosi, vibranti, della sua natura tutta MORRA 3vivace, rigogliosa, appena mossa dalla primavera, dei suoi paesaggi da intravedere, scorgere, intuire. Le sue gocce sembrano stille di vita con cui bagnare le labbra di un amante, e le sue foglie diventano il vestito che la notte indossa per danzare tra i sogni dell’umanità. Nella suggestiva location si muovono così Betsabea, Tamàr, Rut, Rahav e Miriam; la Madre Terra, luminosa, affacciata su un pianeta dai riflessi argentei, e Seleen e Luna nuova (entrambe tratte da “il cerchio della luna”, ndr); donne di altre cultura, come Dakota, Yemaya, Amaterasu; clochard e Addolorata, metonimie di Napoli; e poi risuonano echi di Natura con Anturium, Paesaggio orientale, Fondale, Goccia, Granturco, Foglie, la Foresta radioattiva, e le Tartarughe marine (realizzate a 4 mani con Luminita Irimia, ndr), per un sorso di vita nell’arte contemporanea.

Rosaria Morra