I Passi

poesia 1Ho ripreso a camminare per le strade vuote

prima di risalir le scale

ascoltando solo il mio respiro sussurrato,

udendo il rumore dei  passi

che si appoggiano lievi sulle foglie.

Faccio scivolare i  pensieri

senza riordinarli nella mente

cercando pace mentre tutto tace.

Nessuno mi vede

quando cerco me stessa

negli odori semplici degli alberi

che mi sfiorano il profilo

nutrendo la mia anima

(Luisa de Franchis)

La Felicità la Poesia e la Filosofia nelle varie culture

L’uomo è sempre stato alla ricerca del raggiungimento della felicità, condizione determinata dalla prosperità in cui si trova l’individuo quando appaga i suoi bisogni. E’ opportuno educare se stessi alla sua ricerca. Biblicamente Adamo ed Eva erano in una condizione di benessere, ma il loro desiderio di ulteriore conoscenza li fece sconfinare e li portò all’infelicità. I Cristiani aspirano al paradiso dopo la morte perché inteso come luogo di totale benessere. Per arrivare a tale , è opportuno anche pregare svolgendo opere terrene caritatevoli ed essere prodighi verso il prossimo.

I Luterani invece credono nel servo arbitrio e possono salvare la loro anima solo se Dio ha previsto per loro la Grazia Eterna.

Per gli antichi  Greci la felicità era la ricerca della verità e la poesia Greca era molto vicina a tale argomento, perché attraverso “Omero” ed “Esiodo” si descriveva la virtù del coraggio e della forza ,che era  garantita dagli Dei ai condottieri ed agli eroi.

Ettore ed Achille raggiungevano il loro stato di felicità combattendo eroicamente per la loro patria.

Ulisse nelle varie peripezie del suo viaggio ritrovava  il suo stato di grazia ricongiungendosi con Penelope ed i suoi familiari, una volta riuscito a ritornare ad Itaca.

In “Esiodo” la felicità la si raggiungeva  attraverso il lavoro produttivo ,che si trasformava  in ricchezza e solo chi produceva era felice.

Per Mimnermo la giovinezza era un momento di grande felicità per l’individuo, ma che ben presto con il sopraggiungere della vecchiaia si trasformava in una condizione dolorosa.

Saffo la contemplava attraverso l’ebbrezza afrodisiaca dell’amore, mentre per Socrate la conoscenza avvicinava alla felicità.

Per Platone felice era colui che possedeva il bene, mentre  il corpo costituiva un ostacolo in quanto l’appagamento avveniva con la contemplazione e solo dopo la morte al momento in cui l’anima fuoriusciva dal proprio corpo.

Per Aristotele era opportuno gestire bene se stessi, aumentando sempre le proprie potenzialità. Classificava i piaceri in tre categorie: I Piaceri Naturali e necessari come il cibarsi, idratarsi e riposare il corpo e la mente, essere contenuti nei desideri conduceva alla felicità; I Piaceri Naturali ma non necessari come la vita agiata ed il lusso; I Piaceri Non Naturali e non necessari come il successo e la notorietà. L’amicizia era fonte di piacere quando si vedeva  nell’amico un’altra parte di se stesso.

Orazio legò la sua vita un po’ appartata alla poesia che considerava l’unica arte da coltivare per l’appagamento . Era noto il suo consiglio agli uomini di cogliere e godere la vita attimo per attimo.

Per Cicerone era felice colui che perseguiva la saggezza.

Il Poeta Veronese Catullo cantava l’amore e l’amicizia.

Per Seneca la volontà di conoscere la verità conduceva alla felicità anche supportata dalla cultura.

Il Cristianesimo ha dei punti in comune con il pensiero di Platone che riteneva il nostro corpo prigione della nostra anima, condividendo anche i concetti di uguaglianza tra gli uomini.

Francesco D’Assisi rinunciò a tutti i suoi  beni materiali ed il suo cantico fu l’espressione di  tutta la sua bellezza interiore. Dante collocò  nel Limbo della Divina Commedia molti autori del mondo antico.

Secondo il professore di economia Richard Easterling la ricchezza non è sinonimo di felicità, anzi a lungo andare la soglia della felicità si riduce nel tempo per tute le preoccupazioni che genera. E’ addivenuto alla conclusione che per un abitante del terzo mondo assolvere al bisogno primario di una ciotola di riso genera felicità, al contrario l’acquisto di un bene capitalistico per le categorie agiate  dà solo un momentaneo stato di benessere.

Kant sosteneva che ognuno poteva essere felice a modo proprio, cercando la strada migliore del suo raggiungimento senza ledere la libertà altrui.

Per Arthur Schopenhauer per essere felici si dovevano  appagare i propri desideri e chi nella vita non aveva obbiettivi cadeva in un baratro. Per uscire da questa condizione occorreva avvicinarsi all’arte ed alla giustizia, alla compassione è all’ascesi del Paradiso.

Per Leopardi il piacere provato nella sua ricerca era la felicità, mentre Schopenhauer sosteneva che la vita generava dolore e l’unica ancora di salvezza era condurre una vita ascetica.

Nietzche ripropose concezioni di antiche civiltà indiane dove ogni momento aveva un senso solo in funzione degli altri.

Per D’Annunzio che visse “L’Estetismo” il senso del bello era il raggiungimento dell’appagamento fisico.

L’Induismo è una cultura indiana composta da un insieme di norme abitudini e comportamenti atti al raggiungimento della felicità. Il  Mantra è un  insieme di espressioni sacre simili ad una preghiera ritmata che offre protezione, viene recitato ad alta voce se è un inno metrico, se l’inno  è in prosa viene sussurrato.

Concluderei con un mio pensiero: la felicità è osservare tutto il mondo con gli occhi del cuore. Se si cerca la felicità si deve essere anche disposti a cambiare i propri schemi mentali, le immagini ed i colori  dei paesaggi della nostra vita.

poesia 2A cura di Luisa de Franchis